11 gennaio 2016

Cass. Civ. Sez. III, 22/12/2015, n. 25732

"Nel leasing finanziario l'acquisto del bene rappresenta un atto giuridico strumentale rispetto alla sua concessione in godimento, sicchè l'inadempimento del fornitore, consistente nella mancata consegna, rapportato al contratto di leasing, per il concedente costituisce incolpevole impossibilità sopravvenuta, di adempiere e per l'utilizzatore - nonostante ogni eventuale contraria clausola contrattuale, da ritenere invalida se esistente - esclude l'obbligo di corrispondere quanto sarebbe stato a suo debito ove avesse goduto del bene".


Svolgimento del processo
G.A. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vicenza, la Palladio Leasing s.p.a. esponendo di aver convenuto con tale M.L. la fornitura di un autotelaio Iveco da allestire ad uso speciale carro attrezzi, stabilendo la consegna del bene per maggio 1988; che in conseguenza si era attivato per il pagamento tramite leasing ed aveva concluso il relativo contratto il 2 maggio 1988 con la Palladio Leasing s.p.a. firmando qualsiasi dichiarazione a lui sottoposta, anche quella di consegna del mezzo che in realtà non gli era stato consegnato; di aver atteso invano la consegna del mezzo ben oltre il termine concordato, pagando i canoni maturati in quel periodo; di aver poi scoperto che il M. si era reso inadempiente presso il suo fornitore, sicchè non sarebbe mai entrato in possesso del bene oggetto del contratto di leasing. Tanto premesso l'attore chiedeva che, previo accertamento dell'inadempimento del fornitore all'obbligo di consegna del bene, venisse dichiarata la risoluzione del contratto di leasing per impossibilità della prestazione a lui non imputabile e che conseguentemente la convenuta venisse condannata alla restituzione in suo favore dei canoni già corrisposti.

Costituitasi in giudizio la Palladio Leasing s.p.a. affermava che lo stesso attore aveva firmato le dichiarazioni relative alla ricezione dell'automezzo ed aveva sollecitato il pagamento di essa esponente in favore del fornitore; che al contratto in esame si applicavano le norme di cui all'art. 1458 c.c. che prevedono, nell'ipotesi di risoluzione del contratto, il diritto di ritenere i canoni riscossi, fino alla risoluzione.

In via riconvenzionale la convenuta chiedeva la condanna di G. A. al risarcimento del danno costituito dalla differenza tra il prezzo da essa pagato al fornitore e quanto da lui ricevuto.

Ascriveva alla responsabilità dello stesso la verificazione del danno, atteso che il pagamento era intervenuto a seguito della ricevuta firmata dal G., attestante la consegna dell'autotelaio.

Il Tribunale dichiarò risolto il contratto concluso fra le parti e, rigettata la domanda di restituzione dei canoni di leasing corrisposti, condannò G.A. al pagamento, in favore della società convenuta, della somma di L. 43.599.362, oltre accessori.

Osservò il giudice di prime cure: 1) che andava dichiarata la risoluzione del contratto di leasing, non essendo contestato che l'autotelaio, oggetto della locazione finanziaria, non era stato consegnato dal fornitore all'utilizzatore G.; 2) che non poteva essere accolta invece la domanda di restituzione dei canoni versati dal G. giacchè, essendo applicabile al leasing la disposizione di cui all'art. 1458 c.c., prevista per i contratti di durata, la risoluzione del contratto non si estendeva alle prestazioni già eseguite; 3) che era fondata la domanda riconvenzionale della società convenuta, volta ad ottenere il risarcimento del danno ad essa derivato a seguito della risoluzione del contratto, quantificabile nell'ammontare delle somme che la società medesima aveva versato al fornitore in pagamento della attrezzatura oggetto del contratto, al netto delle somme già percepite tramite l'acquisizione dei canoni maturati.

G.A. impugnò la relativa sentenza dinanzi alla Corte d'appello di Venezia proponendo querela di falso avverso le dichiarazioni di consegna prodotte dalla convenuta, indirizzate alla Palladio Leasing e da lui sottoscritte, assumendo che si trattava di fogli da lui firmati in bianco ed abusivamente poi riempiti.

La Palladio Leasing contestò i motivi dell'impugnazione e della querela di falso e ne chiese il rigetto. Propose a sua volta appello incidentale chiedendo che venissero ad essa riconosciuti gli interessi sulla somma dovutale dal G..

Fu disposta dal Collegio la sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa sulla proposta querela di falso. Detta querela venne rigettata con sentenza del Tribunale di Vicenza, confermata in appello con sentenza dell'11 marzo 2010.

La causa fu riassunta dal G..

La Corte d'appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza n. 760/1995 del Tribunale di Vicenza ha condannato la Palladio Leasing s.p.a. al pagamento, in favore di G.A., della somma di Euro 10.008,37 oltre accessori; ha rigettato la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni proposta da Palladio Leasing s.p.a. e l'appello incidentale della stessa; ha condannato Palladio Leasing s.p.a. alla restituzione in favore di G. A. della somma di Euro 41.463,41, oltre accessori.

Propone ricorso per cassazione Palladio Leasing s.p.a. con tre motivi.

Resistono con controricorso G.A. e la s.r.l. Armando Gobbo.

Le parti presentano memorie.
Motivi della decisione

Preliminarmente il controricorrente eccepisce l'inammissibilità del ricorso in relazione agli artt. 100, 300 e 328 c.p.c., essendo lo stesso proposto nei confronti di soggetto non effettivamente legittimato, in quanto estinto (impresa individuale G.A.), essendo subentrata nei suoi rapporti la s.r.l. Armando Gobbo ed essendo la circostanza nota a parte ricorrente, giusta comunicazione in data 10 settembre 2012.

L'eccezione è infondata.

Non sussiste infatti la eccepita inammissibilità essendosi verificata un'ipotesi di successione ai sensi dell'art. 111 c.p.c..

In base al disposto di quest'ultimo, infatti, qualora nel corso del processo si trasferisca il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie.

Il successore a titolo particolare può intervenire nel medesimo processo e, se le altre parti lo consentono, chiedere l'estromissione della parte originaria.

La Gobbo Armando s.r.l. è subentrata nei rapporti della ditta individuale G.A. in forza di cessione di ramo d'azienda e la fattispecie rientra quindi fra quelle regolate dall'articolo sopra citato.

In ogni caso la costituzione della s.r.l. Armando Gobbo, soggetto legittimato, ha avuto efficacia sanante, considerando anche che la controricorrente si è difesa nel merito ed ha quindi accettato il contraddittorio.

E comunque manca la prova della spedizione e della ricezione del telefax in cui si comunicava che all'impresa individuale G. A. era subentrata la s.r.l. Armando Gobbo.

Con la seconda eccezione di inammissibilità, in relazione all'art. 360 c.p.c. e art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6 il controricorrente ritiene che il ricorso avversario è carente del requisito di specificità e di autosufficienza e come tale non consentirebbe al giudice di legittimità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza della decisione impugnata.

Anche tale eccezione è infondata in quanto i motivi del ricorso hanno caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla sentenza impugnata.

Il rigetto delle eccezioni preliminari del controricorrente comporta l'esame nel merito dei motivi del ricorso.

Con il primo motivo la Palladio Leasing denuncia "violazione della norma di cui all'art. 1526 c.c.".

La ricorrente ritiene errata la sentenza della Corte d'appello nella parte in cui motiva l'applicabilità dell'art. 1526 c.c. anzichè quella dell'art. 1458 c.c., con il fatto che nel caso specifico si tratterebbe di leasing traslativo e non di godimento.

Per la ricorrente l'art. 1526 è applicabile al solo caso in cui la risoluzione del contratto abbia luogo per inadempimento di colui che acquista a rate con riserva di proprietà; da ciò si deduce che la norma in esame non può essere applicata al caso in cui la risoluzione sia avvenuta per un inadempimento del fornitore.

Nel suo caso, sempre ad avviso della ricorrente, andava applicato l'art. 1458 c.c., comma 1 il quale prevede che la risoluzione dei contratti a prestazione continuata abbia effetto solo ex nunc e che gli effetti della risoluzione non si estendano alle prestazioni già eseguite, quali le rate riscosse dalla concedente.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia "contraddittoria motivazione circa l'inapplicabilità dell'art. 1458 c.c. e sull'applicabilità dell'art. 1526 c.c.".

Secondo la Palladio Leasing la motivazione della sentenza di secondo grado, che esclude l'applicazione dell'art. 1458 c.c. a favore dell'applicazione della disciplina di cui all'art. 1526 c.c., è contraddittoria. Essa infatti, da un lato afferma che la richiesta di risoluzione proviene dall'utilizzatore e dall'altro considera applicabile una norma che può riferirsi alla sola ipotesi di risoluzione richiesta dalla concedente per inadempimento contrattuale dell'utilizzatore.

La ricorrente sostiene ancora che la sentenza entra in contraddizione nella parte in cui ritiene non applicabile l'art. 16 del contratto, in quanto la risoluzione non è stata chiesta dal locatore, ma è stata proposta dall'utilizzatore.

Con il terzo motivo si denuncia "falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.".

Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata ha riformato la pronuncia di primo grado, ritenendo che la decisione del Tribunale sarebbe fondata sul richiamo all'art. 16 delle condizioni contrattuali e tale richiamo sarebbe stato effettuato extra petitum.

I tre motivi, che per la stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

In tema di vendita con riserva di proprietà, l'art. 1526 c.c., applicabile alla fattispecie negoziale del leasing traslativo, prevede che nel caso in cui la risoluzione avvenga per l'inadempimento del compratore, debba essere riconosciuto al venditore - tenuto a restituire le rate riscosse - il diritto all'equo compenso per l'uso della cosa comprensivo della remunerazione del godimento del bene, del deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e del logoramento per l'uso, oltre al risarcimento del danno, eventualmente derivante da un deterioramento anormale della cosa. Ne consegue che il diritto all'equo compenso e quello al risarcimento del danno costituiscono autonome pretese, le quali, se esercitate nel corso del giudizio, necessitano di autonoma e tempestiva domanda (Cass., 10 settembre 2010, n. 19287).

Va ribadita la tesi della invalidità di eventuali clausole che assegnino all'utilizzatore il rischio della mancata consegna e che nei contratti di leasing traslativo sussiste l'obbligo di buona fede e di cooperazione fra le parti contrattuali. Sussiste cioè un obbligo reciproco fra le parti di condotta secondo buona fede per cui anche parte concedente, avendo contezza che il verbale di consegna non era stato sottoscritto dopo l'effettiva consegna, avrebbe dovuto, per lo meno, chiedere conferma all'utilizzatore se, quantomeno a distanza di poco tempo, ciò fosse realmente avvenuto.

La scissione tra soggetto destinato a ricevere (dal fornitore) la prestazione di consegna e soggetto destinato ad adempiere (nei confronti del fornitore) l'obbligazione di pagamento del prezzo, non consente al concedente di pagare il prezzo indipendentemente dall'avvenuta consegna, ma giustifica, sulla base dell'art. 1375 c.c., che il concedente stesso possa fare affidamento sull'autoresponsabilità dell'utilizzatore nel ricevere la consegna dal fornitore, atteso che l'utilizzatore e il concedente hanno, nei confronti del fornitore, un interesse comune (sicchè su entrambi grava un onere di collaborazione); pertanto, se il contratto di compravendita prevede che il fornitore consegni la cosa direttamente all'utilizzatore, e il contratto di leasing prevede, a sua volta, che l'utilizzatore la riceva, il concedente che resta obbligato al pagamento del prezzo, nell'adempiere, deve fare in modo da salvaguardare l'interesse dell'utilizzatore all'esatto adempimento, così come questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti del concedente, dell'onere di comportarsi, rispetto al momento della consegna, in modo diligente, sicchè non ne risulti sacrificato, per altro verso, l'interesse che anche il concedente ha all'esatto adempimento da parte del fornitore, secondo un modello comportamentale comune improntato alla reciproca cooperazione onde conseguire l'esatto adempimento da parte del fornitore (Cass., 23 maggio 2012, n. 8101).

Da ciò discende che l'operazione di leasing finanziario consta di due contratti, quello di leasing (che non è di credito ma di scambio) e quello di fornitura, i quali realizzano una figura di collegamento negoziale: l'acquisto del bene rappresenta dunque un atto giuridico strumentale rispetto alla sua concessione in godimento, sicchè l'inadempimento del fornitore, consistente nella mancata consegna, rapportato al contratto di leasing, per il concedente costituisce incolpevole impossibilità sopravvenuta, di adempiere e per l'utilizzatore - nonostante ogni eventuale contraria clausola contrattuale, da ritenere invalida se esistente - esclude l'obbligo di corrispondere quanto sarebbe stato a suo debito ove avesse goduto del bene.

In altri termini, consentire che il concedente, concluso il contratto di fornitura, possa pagare il prezzo anche indipendentemente dalla consegna da parte del fornitore e poi ottenere dall'utilizzatore quanto questi sarebbe tenuto a corrispondere quanto questi sarebbe tenuto a corrispondere ove avesse goduto del bene, non appare giustificabile nè in rapporto alla causa del contratto di leasing finanziario, nè in rapporto al dovere di esecuzione del contrato secondo buona fede.

Correttamente l'impugnata sentenza si è attenuta ai suddetti principi di diritto, ritenendo che si è verificata la risoluzione del contratto per inadempimento del fornitore; ha accettato la tesi della consapevolezza della Palladio della mancata consegna da parte del fornitore all'utilizzatore ed ha addebitato alla medesima Palladio la responsabilità del danno ricevuto; ha accertato l'irrilevanza della clausola 16 del contratto perchè la stessa presuppone la responsabilità dell'utilizzatore sulla base della risoluzione chiesta dal concedente per causa a lui non imputabile, ma ha ritenuto che detta clausola sia inapplicabile perchè la domanda riconvenzionale era stata proposta come azione di danno per aver attestato una cosa non vera e non ex clausola 16 del contratto inter partes.

Premessa la natura traslativa del leasing in oggetto che prevede, in caso di inadempimento del compratore, l'applicabilità dell'art. 1526 c.c., da ciò deriva che alla pronuncia di risoluzione del contratto segue il diritto dell'utilizzatore alla restituzione dei canoni versati; non compete invece alla concedente alcun equo compenso, non essendo stato l'autotelaio consegnato al G.; e comunque nessuna domanda è stata proposta dalla società di leasing per ottenere tale indennizzo.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.