24 aprile 2014

Trib. Bologna Sez. II, 01/04/2014

Va messa in discussione la tradizionale distinzione tra leasing traslativo e leasing finanziario, in favore di un'unica tipologia del contratto di leasing, avente funzione prevalentemente finanziaria. 
Ed invero, con il contratto di leasing il concedente acquista il bene su richiesta di un'impresa e lo pone a disposizione di quest'ultima per un periodo di tempo limitato verso il pagamento di un canone destinato a remunerare il capitale impiegato e determinato indipendentemente dal perdurare dell'utilità economica del bene locato: l'interesse del concedente va dunque valutato esclusivamente in rapporto al piano finanziario, mentre l'eventuale valore residuo dei beni locati rileva solo ai fini dell'esercizio del diritto di opzione da parte dell'utilizzatore, e la causa del pagamento dei canoni della locazione va ravvisata nel rimborso del finanziamento erogato dal concedente per l'acquisto del bene richiesto dall'utilizzatore; né il canone può essere considerato come corrispettivo dell'acquisto del bene, in quanto per il diritto d'opzione è previsto - non a caso - uno specifico e distinto compenso.
Una simile opinione ha trovato riscontro, sul piano normativo, nella nuova disciplina del contratto di leasing introdotta contenuta negli artt. 72, 72 quater e 73 L.F. riformata che, nel disciplinare il contratto di leasing come rapporto giuridico pendente al momento del fallimento, spiega rilevanza anche sul piano sostanziale, in quanto il legislatore dimostra di avere abbandonato la tradizionale distinzione tra le due figure di leasing traslativo e di godimento (così anche Cass. 4862/2010), riconducendo a unità tale tipo di contratto, costruendo il contratto di leasing come figura di contratto di durata che ha come unica causa il finanziamento (come dimostra il meccanismo dell'art. 72quater, che consente alla società di leasing il recupero di tutto il capitale impiegato, oltre che di trattenere per intero tutti i canoni riscossi, interessi compresi).