23 marzo 2012

Cass. civ. Sez. III, 14/04/2000, n. 4853

"Il rapporto tra l'imprenditore - utilizzatore e la società di leasing, anche relativamente all'erogazione del contributo statale, è regolato esclusivamente dal contratto privatistico tra loro esistente, ed in relazione a questo potranno essere valutati gli eventuali inadempimenti, mentre il diverso rapporto tra la società di leasing ed Ente erogante il contributo sono regolati dalla convenzione, tra loro esistente, alla quale il beneficiario del contributo è estraneo, per cui eventuali inadempimenti a detta convenzione, consistenti nel non erogare illegittimamente il contributo concesso, non possono essere fatti valere nei confronti della società di leasing convenzionata dall'utilizzatore - beneficiario (ove ciò non sia possibile sulla base del loro contratto privatistico), che vedrà tutelata la sua posizione solo nei confronti dell'Ente erogante, anche per l'eventuale illegittima attività dei soggetti convenzionati, di cui egli si è avvalso.
Correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che nella fattispecie non potessero dichiararsi estinti per compensazione i crediti vantati dalla finanziaria, relativamente a canoni scaduti del contratto di leasing con il credito dell'erogazione del contributo vantato dall'utilizzatrice.
Infatti detto credito, per i motivi sopra detti, poteva essere azionato dall'utilizzatrice nei confronti della finanziaria solo nell'ambito del rapporto interno tra i due, nei termini regolamentati dal contratto.
Sennonché, come ritenuto dalla sentenza impugnata, e come è pacifico tra le parti, l'esigibilità di detta erogazione nei confronti della finanziaria era sottoposta a precise "condizioni", tra cui il pagamento dei ratei di canone scaduti e la fatturazione degli interessi maturati e la dichiarazione dell'utilizzo dei macchinari nel semestre"

Svolgimento del processo

La Fime Leasing otteneva il 3.7.1995 dal presidente del Tribunale di Napoli decreto ingiuntivo per L. 51.693.225 nei confronti della s.r.l. Ansa, quale importo di canoni scaduti e rimasti insoluti fino al 14.2.1995, del contratto di locazione finanziaria intercorrente tra le parti, oltre interessi e spese.

L'Ansa proponeva opposizione ed il Tribunale di Napoli accoglieva parzialmente l'opposizione, condannando l'opponente al pagamento della somma di L. 44.411.326, ritenendo il primo giudice che non poteva disporsi la compensazione dei ratei scaduti con il contributo concesso dal Ministero dell'Industria, che doveva essere erogato dalla Fime, in quanto l'Ansa non aveva dimostrato di aver ottemperato agli obblighi previsti in detto decreto.

Avverso detta sentenza proponeva appello l'Ansa.

La corte di appello di Napoli, con sentenza del 20.10.1997, rigettava l'appello.

Riteneva la corte di merito che l'art. 4 delle clausole aggiuntive al contratto di leasing, tra le condizioni in base alle quali la Fime avrebbe dovuto trasferire il contributo all'Ansa, prevedeva che l'utilizzatore avesse dimostrato l'avvenuto pagamento dei canoni scaduti e che presentasse fattura per gli interessi maturati in suo favore e dichiarazione dell'utilizzo dei macchinari nel semestre.

Riteneva la corte che l'appellante non aveva provato che si fossero verificate dette condizioni, per cui il suo credito al contributo non era esigibile e, conseguentemente, non poteva ritenersi la compensazione con il credito dell'appellata.

A parere della corte, le condizioni in questione non erano meramente potestative, in quanto il verificarsi delle stesse dipendeva anche dalla volontà della società appellata, che doveva mettere a disposizione il contributo.

Infine la corte riteneva che non poteva tenersi conto della documentazione esibita, ai fini della dichiarazione dell'utilizzo del macchinario, perché la stessa era stata irritualmente prodotta, non essendo indicata nell'indice.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Ansa s.p.a..

Resiste con controricorso la Fime Leasing s.p.a., che ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1243 e 1253 c.c. nonché della legge 1.3.1986 n. 64 e d.l. 3.4.1993 n. 96, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., nonché l'omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La ricorrente, premesso che la Fime ha incassato un contributo dallo Stato di L 71.181.000, destinato ad essa Ansa e che quest'ultima deve alla Fime L 40.959.000 per i canoni impagati, ritiene che erroneamente la corte di merito ha fatto riferimento alle norme sulla compensazione, escludendo la stessa, in quanto il credito dell'Ansa nei confronti della Fime non sarebbe esigibile, poiché la prima è insolvente nel pagamento di parte dei canoni scaduti, giusto quanto previsto dall'art. 4 delle clausole aggiunte al contratto di leasing.

Secondo la ricorrente nella fattispecie, poiché i due crediti emergono dallo stesso complesso rapporto (contratto di leasing e di mandato in rem propriam), la regolamentazione dei rispettivi crediti non dà luogo ad alcuna compensazione, ma ad un calcolo delle somme a credito ed a debito, che può essere compiuto dal giudice anche d'ufficio.

Ritiene la ricorrente che la Fime, in questo unico complesso rapporto, ha assunto la duplice veste di finanziatore, quanto al contratto di leasing, e di mandataria (in rem propriam), curando la pratica relativa al contributo, che a riscossione avvenuta, doveva riversare al soggetto finanziato, per cui, essendo l'erogazione del contributo avvenuta nel corso del rapporto, devono esser ridotte le rate ancora a scadere e l'eccedenza deve essere rimborsata ad essa Ansa, essendo il rapporto Fime - Ansa, regolato dalla legge sulle sovvenzioni al Mezzogiorno (l. n. 64/1986) e dalle direttive CIPE di attuazione.

2.1. Ritiene questa Corte che il motivo è infondato e che lo stesso vada rigettato.

Anzitutto non si riesce ad intendere, perché non ulteriormente specificata, in che consista la lamentata violazione del d.lgs (e non d.l.) 3.4.1993, n. 96, considerato che esso ha ad oggetto "Il trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno ed Agenzia per la promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della l. 19.12.1992, n. 488".

Quanto alla posizione della Fime nei confronti dell'Ansa, va rilevato che nell'ambito del rapporto di leasing, essa certamente assume la figura del concedente in locazione finanziaria dei beni individuati presso il fornitore, con il conseguente diritto al pagamento dei canoni da parte dell'utilizzatore, a consegna avvenuta (il che non è contestato).

2.2. Più complessa è la posizione della Fime nell'ambito del rapporto relativo all'erogazione del contributo pubblico.

Ove la concessione del contributo non avvenga direttamente in favore della società per l'esercizio della locazione finanziaria in relazione ad uno specifico contratto di leasing, ma direttamente in favore dell'imprenditore - utilizzatore (che richiede in leasing il bene), per quanto per il tramite della società di leasing che si è obbligata a curare la pratica, quest'ultima in relazione al procedimento di contributo, non si pone come mandataria dell'imprenditore (utilizzatore), ma esegue solo un contratto d'opera.

Infatti il contratto di mandato, senza rappresentanza, e di locazione d'opera si distinguono in relazione al rispettivo oggetto, che nel primo caso è rappresentato da un'attività qualificata di negozi giuridici per conto e nell'interesse del mandante, ma sempre in nome proprio del mandatario e nel secondo in un'attività di cooperazione, consistente nel compimento di un'opera o di un servizio materiale o intellettuale.

2.3. Sennonché la società di leasing, che sia convenzionata con l'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (ed a seguito della soppressione di questa Agenzia, con il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato), per effetto di detta convenzione, a norma del d.m. Industria del 9.3.1994, emesso ai sensi dell'art. 5. c. 5 del d.l. 7.12.1993,n. 506, nonché del d.m. 3 maggio 1989, n. 233, svolge anche funzione di istruttoria della domanda di contributo e, successivamente alla concessione del contributo in favore dell'imprenditore richiedente (cioé l'utilizzatore), ne cura l'erogazione, attraverso il conto appositamente acceso dall'Ente erogante, in favore del beneficiario, effettuando detta ulteriore attività sempre sulla base della predetta convenzione instaurata tra essa società di leasing e l'Ente pubblico.

In altri termini ed in buona sostanza, in questa attività di istruttoria, finalizzata alla concessione del contributo, e nella successiva attività di erogazione del contributo e quella successiva di trasmissione della documentazione di spesa e relazione finale (d.m. 9.3.1994), la società di leasing, operando sulla base della convenzione con l'Ente pubblico, agisce quale incaricata di pubblico servizio, non diversamente dalla situazione in cui l'Ente si avvalesse di proprie strutture, ed il denaro depositato sul conto acceso dall'ente, per quanto possa essere erogato dalla società finanziaria, essendo sottoposto ad un vincolo di destinazione, conserva la natura pubblica e non diviene di proprietà della società di leasing (cfr. Cass. pen. 24.10.1995, Randazzo; Cass. pen. 8.4.1994, Palladini).

In ogni caso, ed indipendentemente dal problema della proprietà di detto denaro, proprio la natura pubblica dello stesso, perché destinato a finalità pubblica e proveniente da un rapporto di diritto pubblico, comporta che esso sfugga alla compensazione, per effetto del divieto posto dall'art. 1246 n. 3 c.c., essendo questo un credito per sua natura impignorabile (in applicazione dei principi espressi da Cass. S.U. 15.5.1995,n. 5303).

3. Da quanto sopra detto consegue che il rapporto tra l'imprenditore - utilizzatore e la società di leasing, anche relativamente all'erogazione del contributo statale, è regolato esclusivamente dal contratto privatistico tra loro esistente, ed in relazione a questo potranno essere valutati gli eventuali inadempimenti, mentre il diverso rapporto tra la società di leasing ed Ente erogante il contributo sono regolati dalla convenzione, tra loro esistente, alla quale il beneficiario del contributo è estraneo, per cui eventuali inadempimenti a detta convenzione, consistenti nel non erogare illegittimamente il contributo concesso, non possono essere fatti valere nei confronti della società di leasing convenzionata dall'utilizzatore - beneficiario (ove ciò non sia possibile sulla base del loro contratto privatistico), che vedrà tutelata la sua posizione solo nei confronti dell'Ente erogante, anche per l'eventuale illegittima attività dei soggetti convenzionati, di cui egli si è avvalso.

4. Premesso ciò, va quindi rilevata l'infondatezza della censura (peraltro generica) di violazione della legge 1.3.1986 n. 64, lamentata dalla ricorrente.

Correttamente i giudici di merito hanno esaminato il rapporto tra la Fime e l'Ansa sulla base del contratto tra loro esistente e segnatamente sulla base dell'art. 4 delle clausole aggiunte.

Ne consegue che correttamente hanno ritenuto che nella fattispecie non potessero dichiararsi estinti per compensazione i crediti vantati dalla Fime, relativamente a canoni scaduti del contratto di leasing con il credito dell'erogazione del contributo vantato dall'Ansa.

Infatti detto credito, per i motivi sopra detti, poteva essere azionato dall'Ansa nei confronti della Fime solo nell'ambito del rapporto interno tra i due, nei termini regolamentati dal contratto.

Sennonché, come ritenuto dalla sentenza impugnata, e come è pacifico tra le parti, l'esigibilità di detta erogazione nei confronti della Fime era sottoposta a precise "condizioni", tra cui il pagamento dei ratei di canone scaduti e la fatturazione degli interessi maturati e la dichiarazione dell'utilizzo dei macchinari nel semestre.

5.1. Irrilevante è l'assunto della ricorrente secondo cui, discendendo i due crediti da un unico rapporto, non si applicavano le regole relative all'istituto della compensazione.

Infatti è vero in linea di principio che la compensazione in senso proprio presuppone l'autonomia dei due crediti, con la conseguenza che, quando si tratti di un unico rapporto, ancorché complesso, non ricorre un'ipotesi di compensazione e pertanto il calcolo delle somme a credito ed a debito può essere compiuto dal giudice in sede di accertamento della fondatezza della domanda, restando inapplicabili le regole processuali per tale istituto (Cass. 23.1.1996, n. 479).

Detto principio è stato affermato in relazione alla non rilevabilità d'ufficio della compensazione (art. 1242 c.c.), mentre il calcolo delle somme a credito ed a debito può essere effettuato d'ufficio dal giudice nell'ambito dell'unitario rapporto.

Sennonché anche in questo calcolo delle poste attive e passive, ai fini della ricostruzione della complessiva posizione, il giudice potrà tener conto solo di quelle esigibili, non potendo portare a scomputo di una somma, debitoria già allo stato, un partita creditoria non ancora maturata per espressa volontà delle parti, o viceversa.

5.2. Nella fattispecie, quindi, anche a voler ritenere che il contratto di leasing ed il contratto d'opera di assistenza nella procedura per ottenere il contributo a carico dello Stato fossero strettamente collegati, tanto che quest'ultimo rapporto era disciplinato dalle clausole aggiunte al contratto di leasing, dando luogo ad un unico complesso rapporto, per cui il giudice, nel ricostruire la posizione creditoria o debitoria delle parti avrebbe dovuto calcolare tutte le somme attive o passive dovute, in ogni caso detto calcolo avrebbe dovuto tener conto solo delle somme effettivamente esigibili nel momento in cui veniva ricostruita la posizione creditoria - debitoria e non di quelle che, non essendo ancora maturate, non erano omogenee alle altre.

Pertanto correttamente la sentenza impugnata, avendo ritenuto che sulla base dell'art. 4 delle clausole aggiunte, l'utilizzatore, beneficiario del contributo statale, aveva diritto all'erogazione del contributo da parte della società finanziaria solo a seguito del verificarsi di determinate condizioni e che queste condizioni non si erano verificate, ha ritenuto la non esigibilità del suddetto contributo, con la conseguenza che lo stesso non poteva essere "compensato" con il credito della Fime o se si vuole, nel caso che si ritenga la unitarietà del rapporto complesso, che non poteva essere calcolato nelle poste attive dell'unitaria contabilità.

6. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione degli art. 1362 e segg. c.c. e 1353 e segg. c.c., nonché la contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..

Secondo la ricorrente erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che nella fattispecie il credito all'erogazione del contributo fosse sottoposto a condizione.

Ritiene la ricorrente che la condizione, essendo un evento futuro ed incerto, è estraneo alla volontà ed al comportamento degli obbligati, altrimenti sussisterebbe la nullità della stessa a norma dell'art. 1355 c.c..

A parere della ricorrente è contraddittoria la motivazione dell'impugnata sentenza nella parte in cui ritiene che non si tratta di condizioni potestative, di cui all'art. 1355 c.c., in quanto esse sono in parte rimesse anche alla volontà della Fime che doveva mettere a disposizione il contributo.

7.1. Ritiene questa Corte che il motivo di ricorso è infondato e che, pertanto, vada rigettato, per quanto la motivazione dell'impugnata sentenza vada corretta, ai sensi dell'art. 384, 2^ c., c.p.c., nei termini che seguono.

Va, preliminarmente, osservato che erroneamente tanto la sentenza impugnata, quanto il ricorrente fanno riferimento alle disciplina delle condizioni del contratto, previste dagli artt. 1353 e segg. c.c..

Infatti la condizione costituisce di regola un elemento accidentale del negozio, a cui è subordinata l'efficacia o la risoluzione del contratto, come tale è distinta dagli elementi essenziali astrattamente previsti per ciascun contratto, ed in particolare è distinta dall'adempimento (per cui si discute se sia possibile dedurre come elemento condizionante del contratto, l'adempimento, Cass. 8.8.1990, n. 8051; Cass. 16.2.1983, n. 1181).

Qualora invece i contraenti, contemplando un evento futuro, abbiano ad esso correlato non l'efficacia del vincolo, ma soltanto il tempo dell'adempimento di una determinata prestazione resta esclusa l'invocabilità dei principi inerenti alla condizione o al termine, quali elementi accidentali del negozio incidenti sulla sua efficacia, e rimane applicabile la disciplina sul tempo dell'adempimento, di cui agli artt. 1183 c.c. e segg., con la conseguenza che il termine per l'adempimento medesimo deve ritenersi maturato con il verificarsi dell'evento.

Detto evento per l'adempimento della prestazione di uno dei contraenti, può essere costituito anche dalla prestazione della controparte ovvero dal compimento in suo favore di determinate attività (Cass. 11.4.1985, n. 2379; Cass. 24.7.1985, n. 4339).

In questi casi può anche parlarsi di "condizione dell'adempimento", purché sia chiaro che non ci si riferisce ad un elemento condizionante l'efficacia del contratto, regolata, appunto dagli art. 1353 e segg. c.c., ma esclusivamente all'esigibilità della prestazione per scadenza del "termine", dell'adempimento (art. 1183 c.c.).

Pertanto le parti, nell'ambito dell'autonomia contrattuale, ben possono stabilire che una di essa sia tenuta alla sua prestazione solo dopo che l'altra abbia adempiuto alla propria (come emerge anche dall'art. 1460 c.c.), ovvero che abbia compiuto una qualche attività.

7.2. Nella fattispecie, a seguito di accertamento della volontà negoziale da parte del giudice di merito, questi ha accertato che la prestazione a carico della Fime era "condizionata" (cioé era esigibile nei termini sopra detti) a determinate attività che nei confronti di questa doveva effettuare l'Ansa e che dette attività non erano state compiute.

7.3. La censura di violazione dell'art. 1362 c.c. sul punto è inammissibile per genericità, risultando solo enunciata, ma non sviluppata.

Infatti, quando oggetto di critica è l'interpretazione che della volontà negoziale delle parti il giudice di merito ha dato in base agli atti in cui si è manifestata, la critica deve essere formulata indicando quali canoni ermeneutici sono stati violati e su quali elementi di fatto erroneamente valutati o pretermessi la dedotta violazione si fondi (Cass. 2.2.1996, n. 914).

8. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1460 c.c., 115 e 165 c.p.c. e 74 disp. att., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., nonché contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Assume la ricorrente che la Corte di merito (che aveva ritenuto non esigibile la prestazione della Fime, poiché non si erano verificate le condizioni dell'avvenuto pagamento dei ratei scaduti, della produzione della fattura sugli interessi maturati e della dichiarazione di avvenuto utilizzo dei macchinari nel semestre) erroneamente non aveva ritenuto di prendere in esame i documenti prodotti, sostenendo che essi non erano indicati nell'indice, mentre essi erano stati indicati, avendo all'uopo redatto il ricorrente un duplice indice, uno per i documenti e l'altro per gli atti. In questi documenti vi era la documentazione relativa all'avvenuto utilizzo dei macchinari, mentre per quanto atteneva alla fattura sugli interessi, questa poteva essere emessa solo quando la Fime ne avesse comunicato l'ammontare ed avesse pagato la sorte capitale, consentendo il calcolo degli interessi.

9.1. Ritiene questa Corte che il motivo è inammissibile.

Infatti, per quanto riguarda la censura che la corte di merito ha ritenuto non indicata nell'indice la documentazione relativa all'utilizzo, contrariamente al vero, in quanto esistevano ben due indici, va osservato che detta censura si risolve in una doglianza di travisamento del fatto.

In proposito va rilevato che il travisamento del fatto non può costituire motivo di ricorso per cassazione, poiché, risolvendosi in un'inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c..(Cass. 15.5.1997, n. 4310; Cass. 2.5.1996, n. 4018).

9.2. Per quanto attiene alla censura relativa alla ritenuta mancanza della "fatturazione degli interessi" (ma il discorso vale anche per la dichiarazione di utilizzo suddetto, costituendo un ulteriore motivo di inammissibilità), essa è in ogni caso irrilevante, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che fossero tre le "condizioni" che rendevano esigibile l'erogazione del contributo da parte della Fime, ed in particolare che fossero stati pagati i ratei scaduti. Poiché il mancato pagamento di detti ratei non è contestato da parte della ricorrente (ed anzi è il presupposto di quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso), l'accoglimento della predetta censura non produrrebbe alcun effetto, con la conseguenza che la ricorrente è carente di interesse processuale in relazione al predetto motivo.

10. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 324 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..

Assume la ricorrente che la sentenza di primo grado aveva accertato che il "suddetto contributo è stato già versato dal Ministero alla Fime"; che, quindi, sul punto della riscossione del contributo da parte della Fime, nessuna delle parti ha interposto appello; che la Corte di appello, violando il giudicato formatosi, ha ritenuto che il contributo in questione era stato solo versato ma non riscosso dalla Fime. Secondo la ricorrente non è possibile versare a taluno una somma, senza che questo la riscuota.

11.1. Il motivo è infondato.

Infatti, ribadito che, come sopra si è detto, il versamento del contributo dall'ente erogante sul conto acceso in favore della società di leasing ai fini dell'erogazione successiva al soggetto beneficiario, non comporta che detta società debba o possa incassare la somma in proprio, ma solo che, questa provveda ad erogarla in favore del beneficiario, allorché ne ricorrano le condizioni previste dalla legge e dal decreto ministeriale di concessione, nessun giudicato sulla riscossione della somma da parte della Fime si era formato in primo grado, essendosi questa limitata a dire che il contributo le era stato versato.

11.2. In ogni caso, essendo stato accolta l'eccezione della Fime di inesigibilità dell'erogazione del contributo, e risultando la stessa sul punto vittoriosa, la Fime non aveva l'onere di proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado, ove anche questa avesse ritenuto che il contributo era stato da lei riscosso, essendo sufficiente, a norma dell'art. 346 c.p.c., che riproponesse, come ha fatto, in appello l'eccezione di non aver riscosso detto contributo.

Il ricorso va pertanto, rigettato.

L'appellante va condannata al pagamento delle spese processuali sostenute dalla resistente in questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente per questo giudizio di legittimità, liquidate in L. 220.000, oltre L. tremilioni per onorario di avvocato.