4 giugno 2008

Cass. civ. Sez. III, 04/06/2008, n. 14760

"il requisito della forma scritta per la determinazione degli interessi extralegali non postula necessariamente che la convenzione contenga una specifica indicazione del tasso stabilito, ben potendo essere soddisfatto anche "per relationem", attraverso, cioè, il richiamo (per iscritto) a criteri ed elementi estrinseci al documento negoziale, purchè obiettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del relativo saggio; detta norma è applicabile alle obbligazioni pecuniarie, e tale non è il corrispettivo che l'utilizzatore deve al concedente nel contratto di leasing. Conseguentemente, pur se la remunerazione del capitale che il concedente ha investito per l'acquisto del bene è un elemento economico che concorre alla determinazione del canone, non assumendo configurazione autonoma da questo e dalla natura sinallagmatica del godimento del bene, non soggiace alla disciplina del precitato art. 1284 cod. civ."

Svolgimento del processo

Lo Studio Sajia, subentrato alla s.a.s. Italcasa Paullo, conveniva in giudizio, in data 20 novembre 1996, la s.p.a. Mercedes Benz - finanziaria (Merfina) deducendo: 1) in data 5 settembre 1994 aveva stipulato un contratto di locazione finanziaria, fino al 5 marzo 1997, di una Mercedes mod. E 200 Elegance, rubata il 2 febbraio 1995, sì che il contratto si era risolto di diritto per effetto dell'art. 15, che prevedeva la corresponsione delle rate di canone da scadere con gli interessi indeterminati ultralegali di dilazione che, non essendo stato pattuito alcun piano di ammortamento, dovevano essere determinati al tasso legale o, in via subordinata, a quello ufficiale di sconto; 2) in data 5 luglio 1995 era stato stipulato altro contratto di locazione finanziaria di una Mercedes E 200 Cabriolet, anch'essa rubata il 14 gennaio 1996, con conseguente risoluzione di diritto del contratto; 3) in data 1 marzo 1996 era stato stipulato un nuovo contratto di locazione per il medesimo tipo di auto a scadenza primo marzo 1999. I contratti erano traslativi perchè alla fine di essi il valore del bene era cospicuo e dunque si applicava l'art. 1526 cod. civ. per effetto del quale era nulla la clausola n. 22 delle condizioni generali (risoluzione del contratto per fatto e colpa dell'utilizzatore) che prevedeva, a titolo di risarcimento del danno, il versamento della somma, attualizzata al TUS al momento della stipula del contratto, di tutti gli importi previsti fino al termine della locazione finanziaria e non pagati e del prezzo di opzione, anch'esso attualizzato, avendo le parti concordato di non applicare l'art. 1526 cod. civ. in violazione dell'art. 1418 cod. civ..

Il Tribunale, rilevato che gli interessi di dilazione erano determinabili per effetto dell'art. 13 del contratto - dieci punti in più del prime rate ABI vigente al momento della mora sul capitale di rischio (e cioè il prezzo di acquisto del bene concesso in locazione) - e qualificati i contratti come leasing di mero godimento, statuiva l'applicabilitàdell'art. 1458 cod. civ., comma 1, e perciò le rate riscosse non dovevano essere restituite, e dell'art. 1384 cod. civ., tanto più che la somma dei canoni da scadere corrispondeva al capitale anticipato attualizzato, non superiore a quello conseguibile nel caso in cui il contratto fosse scaduto alla data prevista.

La. Corte di appello, con sentenza dell'11 marzo 2003, confermava il decisum di primo grado sulle seguenti considerazioni: 1) l'individuazione della natura traslativa o di mero godimento della locazione finanziaria rileva per la risoluzione per inadempimento (disciplinata dall'art. 22 del contratto), mentre nel caso di specie la risoluzione dei contratti è avvenuta per furto dell'oggetto di essi e quindi per impossibilità sopravvenuta (art. 15 del contratto che prevede il diritto della concedente di acquisire, oltre i canoni già riscossi, i canoni ancora da scadere); 2) la clausola era valida, stante la derogabilità dell'art. 1463 cod. civ., ed inoltre l'eventuale natura traslativa del contratto renderebbe applicabili gli artt. 1523 e 1463 cod. civ. e dunque la domanda restitutoria era da respingere; 3) la dedotta violazione dell'art. 1284 cod. civ. non atteneva alla misura degli interessi moratori, previsti quale conseguenza del ritardo dei pagamenti, ed indicata dalle parti (art. 13) bensì, anche alla luce dell'impugnazione proposta per la riduzione dei canoni, alla misura degli interessi conglobati in essi e costituenti, per il finanziatore, parte dell'utile del capitale investito, a cui è commisurato il corrispettivo della locazione, con conseguente inapplicabilità dell'art. 1284 cod. civ. che concerne l'obbligazione accessoria, ancorchè autonoma, degli interessi rispetto ad un' obbligazione pecuniaria principale, e non il rendimento di un capitale anticipato quale uno degli elementi considerati per la determinazione del corrispettivo per il godimento del bene.

Ricorre per cassazione la s.n.c. Studio Saija per tre motivi, cui resiste la Daimlerchrysler servizi finanziari s.p.a., subentrata alla s.p.a. Merfina. La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo essa deduce: "Violazione o falsa applicazione dell'art. 1284 cod. civ. (mancanza di forma scritta ad substantiam della convenzione relativa al tasso di interesse ultralegale)".

L'art. 1284 cod. civ., comma 3, norma di ordine pubblico e sanzionatoria, deve esser applicato ad ogni forma di obbligazione pecuniaria e di remunerazione del capitale di rischio e quindi anche ai contratti di locazione finanziaria che perciò, se non stabiliscono per iscritto la misura del tasso di interesse ultralegale, sono nulli, assumendo la scrittura carattere costitutivo degli stessi. Al riguardo infatti la società Merfina aveva dedotto che gli interessi di dilazione erano stati espressamente convenuti e risultavano dal piano di ammortamento che si riservava di depositare, mentre un tale accordo non si era mai perfezionato, ed infatti il piano di ammortamento depositato, da cui non era evincibile con semplice operazione aritmetica il tasso praticato, era firmato dalla sola Merfina e datato 30 ottobre 1998 e perciò, non essendo contestuale ai contratti di locazione, nè in essi menzionato, non poteva assolvere alla funzione di determinabilità degli interessi che dunque dovevano esser rideterminati nella misura legale sul capitale di rischio presuntivo essendo la funzione del leasing prevalentemente di finanziamento.

Il motivo è infondato.

La Corte di appello, dopo aver ribadito che gli interessi pattuiti per ritardato pagamento dei canoni non violano l'art. 1284 cod. civ. ultimo comma, perchè l'art. 13 del contratto indica il criterio di determinazione degli stessi, ed il requisito della forma scritta per la determinazione degli interessi extralegali non postula necessariamente che la convenzione contenga una specifica indicazione del tasso stabilito, ben potendo essere soddisfatto anche "per relationem", attraverso, cioè, il richiamo (per iscritto) a criteri ed elementi estrinseci al documento negoziale, purchè obiettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del relativo saggio, ha altrettanto correttamente affermato che detta norma è applicabile alle obbligazioni pecuniarie, e che tale non è il corrispettivo che l'utilizzatore deve al concedente nel contratto di leasing. Conseguentemente, pur se la remunerazione del capitale che il concedente ha investito per l'acquisto del bene è un elemento economico che concorre alla determinazione del canone, non assumendo configurazione autonoma da questo e dalla natura sinallagmatica del godimento del bene, non soggiace alla disciplina del precitato art. 1284 cod. civ..

Deve perciò ribadirsi (Cass. 2743/1994) che il canone pattuito per il leasing di godimento, pur se la funzione causale è prevalentemente finanziaria sì che deve garantire, per la società' di leasing, il rientro del capitale investito maggiorato sia degli interessi finanziari, sia degli utili di rischio di impresa essendo però ragguagliato al valore di utilizzazione del bene per la durata della vita tecnico-economica dello stesso, non muta la natura di corrispettivo per l'uso di esso, e poichè da queste variabili economiche dipendono gli interessi finanziari, pattuiti per assolvere la relativa funzione remuneratoria, essi sono inglobati nel canone (Cass. 2909/1996).

2. - Con il secondo motivo deduce: "Violazione dell'art. 112 cod. proc. civ.".

La risoluzione dei primi due contratti per furto era da assimilare a quella per inadempimento ed infatti l'art. 22 richiamava l'art. 15 nè tale impostazione era stata contestata dalla Merfina che si era limitata ad invocare l'art. 1458 cod. civ., comma 1, e il Tribunale aveva recepito tale impostazione ed aveva affermato che ai fini dell'applicazione degli artt. 1526 e 1384 cod. civ. era necessario accertare se il contratto era di godimento o traslativo e su tali punti si è formato un giudicato interno tra le parti. Pertanto la Corte di appello che ha escluso l'applicabilità dell'art. 1526 cod. civ. perchè la risoluzione era per impossibilità sopravvenuta, applicando gli artt. 1463, 1465 e 1523 cod. civ., ha violato il giudicato interno.

Il motivo è infondato.

Premesso che già il giudice di primo grado, come emerge dalla, narrativa, aveva qualificato i contratti come leasing di mero godimento, ne consegue che per espressa volontà contrattuale, come evidenziato dai giudici di appello, dove esser applicata la clausola contenuta nell'art. 15. E poichè con detta clausola le parti hanno stabilito di derogare alla disciplina di cui all'art. 1463 cod. civ., con conseguente obbligo dell'utilizzatore di restituire al concedente il capitale investito costituito dalle rate ancora da scadere, depurate degli interessi al tasso ufficiale di sconto, la corrispondente statuizione della Corte di appello è immune da visi logici e giuridici.

3.- Con il terso motivo la ricorrente deduce: " Violazione o falsa applicazione degli artt. 1526 e 1384 cod. civ., nonchè contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (nullità della clausola penale contrassegnata dagli artt. 22 e 15 delle condizioni generali di contratti; effetti della risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria)".

La clausola n. 15 addossa tutti i rischi e i danni, anche quelli derivanti dal perimento e dall'impossibilità del suo utilizzo, all'utilizzatore dal momento della consegna del bene, con conseguente risoluzione del contratto ed esonero dell'utilizzatore di proseguire la corresponsione dei canoni, dovendo però corrispondere alla concedente una somma pari all'attualizzazione, al TUS, dei canoni da scadere. Poichè alla scadenza - tre anni- dei contratti i beni avevano un rilevante valore di mercato, non essendo condivisibile l'affermazione del giudice di primo grado secondo la quale il prezzo di opzione non era inferiore a quello del mercato usato, questa clausola, richiamata dall'art. 22 che disciplina la risoluzione anticipata del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, è nulla ai sensi dell'art. 1418 cod. civ. e se pur l'art. 1463 cod. civ. è derogabile dalla volontà delle parti, i limiti sono costituiti dagli artt. 1384 e 1526 cod. civ. e nella fattispecie i contratti di leasing sono traslativi.

Il motivo è infondato.

Ribadito infatti che la natura del contratto- leasing di godimento - era stata già individuata dal giudice di primo grado, in ogni caso la traslazione del rischio, in cui si sostanzia la deroga all'art. 1463 cod. civ. nella fattispecie, non è correlata alla proprietà del bene, ma alla consegna di essere trova giustificazione nella qualità, dell'utilizzatore, di detentore autonomo e qualificato del bene (Cass. 16158/2007) ed il relativo costo è bilanciato non solo dal beneficio del finanziamento, ma anche dalla facoltà di optare per l'acquisto del bene. Quanto poi alla validità di tale clausola, essa trova fondamento nella già specificata funzione di finanziamento del leasing di godimento e quindi nella tutela dell'interesse del finanziatore ad ottenere la restituzione del capitale anticipato con la relativa remunerazione, attualizzata al momento della risoluzione del contratto - così escludendo un arricchimento ingiustificato (Cass. 10265/2000) - diversamente finendo con il gravare sull'impresa di leasing le conseguenze economiche del mancato godimento del bene, pur non essendone responsabile (Cass. 8464/1995).

Pertanto le doglianze sono infondate.

4.- Concludendo il ricorso va respinto e la ricorrente va condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 3.600,00 di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.