24 marzo 2004

Cass. civ. Sez. III, 12/03/2004, n. 5125

"in considerazione della natura trilaterale del contratto di leasing, in cui l'acquisto ad opera del concedente viene effettuato per conto dell'utilizzatore con la specifica previsione dell'esonero del primo da ogni responsabilità in ordine alle condizioni del bene, deve essere esclusa la possibilità per l'utilizzatore di agire nei confronti del fornitore senza coinvolgere il concedente quando venga richiesta la risoluzione del contratto e, pertanto, il concedente stesso è litisconsorte necessario nel processo promosso dall'utilizzatore nei confronti del fornitore per ottenere la risoluzione del contratto per vizi della cosa, oltre il risarcimento dei danni.
La ritenuta situazione di litisconsorzio necessario sussiste anche quando l'utilizzatore, pur senza richiedere la risoluzione del contratto di leasing, agisca con altra azione contrattuale nei confronti del fornitore per fare valere il diritto alla riduzione del prezzo della fornitura: anche in questo caso, infatti, la decisione della causa, per gli effetti che essa inevitabilmente è destinata a produrre sia nel rapporto tra fornitore e concedente e sia nel rapporto incrociato e logicamente dipendente tra concedente ed utilizzatore, sarebbe inutiliter data senza la partecipazione al giudizio del concedente"

Svolgimento del processo

Con citazione del 30 marzo 1989 Eugenio Fila, titolare dell'omonima ditta Roccatura e Ritorcitura, premesso che aveva concordato l'acquisto a mezzo leasing di una macchina roccatrice automatica dell'anno 1982, conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Padova la societa' Mantegna s.n.c., con la quale era stato concordato il prezzo di lire sessanta milioni, per ottenerne la condanna alla restituzione dell'importo di lire trentasei milioni, poiche' la macchina, che era risultata, invece, essere stata prodotta nell'anno 1978, aveva il valore di ventiquattro milioni di lire.

La convenuta societa' contrastava la domanda, sostenendo che la macchina, al momento dell'acquisto che in precedenza essa ne aveva fatto, era stata indicata dal suo dante causa come costruita nell'anno 1982 e che comunque, per effetto dei numerosi interventi di cui era stata oggetto prima della successiva alienazione da parte sua, il valore corrispondeva al prezzo pagato.

Il tribunale adito condannava la societa' convenuta alla restituzione all'attore della somma di lire trenta milioni, oltre interessi.

L'impugnazione principale della societa' soccombente e quella incidentale di Eugenio Fila erano decise dalla Corte d'appello di Venezia con sentenza pubblicata il 9 maggio 2000, che, in riforma della decisione gravata, rigettava la domanda proposta dal Fila, che condannava alle spese per intero del primo grado del giudizio ed alla meta' di quelle del secondo grado, compensata tra le parti l'altra meta'.

I giudici d'appello, ritenuto che Eugenio Fila aveva esercitato un'azione per la riduzione del prezzo della macchina venduta dalla societa' Mantenga s.n.c., rilevavano d'ufficio il difetto di legittimazione attiva dell'attore, poiche', secondo quanto lo stesso aveva esposto in citazione, la macchina era stata acquistata dalla societa' Agrileasing s.p.a., la quale l'aveva concessa poi in locazione allo stesso Fila.

Al riguardo la Corte veneta precisava che in citazione l'attore aveva ammesso di non disporre di azione contrattuale nei confronti della venditrice, con la quale non era intercorso il contratto di vendita, e che la societa' Agrileasing s.p.a., effettiva acquirente della macchina, con missiva indirizzata al legale dell'utilizzatele Eugenio Fila, aveva segnalato che costui non poteva agire verso la societa' Mantegna s.n.c. ne' per la risoluzione del contratto di vendita, ne' per la riduzione del prezzo, azioni che solo essa proprietaria e concedente in leasing della macchina era abilitata ad esercitare.

La sentenza d'appello escludeva anche che si fosse formato il giudicato interno sulla questione relativa alla legittimazione attiva di Eugenio Fila.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Eugenio Fila, titolare dell'omonima Roccatura e Ritorcitura, che affida l'impugnazione a tre mezzi di doglianza, che la societa' Mantegna s.n.c. contrasta con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo d'impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agliartt. 1362 e 1705 c.c. nonche' il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia - il ricorrente critica la denunciata sentenza, poiche' essa espone una ratio decidendi contrastante con l'orientamento giurisprudenziale uniforme per il quale, in tema di leasing finanziario (quale era stato considerato quello in oggetto, nel quale esso istante aveva individuato la macchina, ne aveva contrattato il prezzo ed aveva ottenuto che l'acquisto gli fosse finanziato in leasing), l'utilizzatore dispone delle azioni contrattuali del concedente con la possibilita' di agire direttamente contro il fornitore.

Assume che la sentenza si era basata su un principio che, quanto meno, avrebbe dovuto comportare una preventiva analisi del contratto di leasing stipulato da essa parte ricorrente, secondo una indagine che era stata del tutto trascurata nonostante essa fosse fondamentale.

Con il secondo mezzo di doglianza - deducendo la violazione delle norme di cui agli artt. 99 e 100 c.p.c. - il ricorrente denuncia che il problema di carenza di legittimazione della parte si puo' porre solo in relazione alla domanda proposta nel processo, per cui il giudice d'appello aveva errato nel ritenere che la parte, legittimata in relazione alla domanda che aveva avanzato, non lo fosse piu' in un secondo momento per effetto della decisione.

Con il terzo motivo d'impugnazione - deducendo la violazione delle norme di cui agli artt. 100 e 323 c.p.c.nonche' il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia - il ricorrente denuncia che il giudice del merito non aveva tenuto conto del fatto che l'interesse ad appellare deve essere correlato ad un concetto di soccombenza sostanziale e materiale, per cui esso ricorrente non avrebbe potuto proporre appello avverso la sentenza di primo grado per lamentare che al rapporto doveva essere data una qualificazione giuridica diversa da quella attribuita dal tribunale.

I motivi dell'impugnazione - che vanno esaminati congiuntamente, in quanto con essi (in particolare con il secondo) si pone la questione se nel contratto di leasing l'utilizzatore sia legittimato all'esercizio in nome proprio delle azioni scaturenti dal contratto di fornitura - sono fondati, poiche' sul punto si deve ribadire il principio, gia' affermato da questa Corte (Cass., n. 9785/98; Cass., n. 10926/98; Cass., n. 15762/2000), a mente del quale nell'operazione di leasing finanziario il collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing costituisce un sufficiente presupposto per legittimare l'utilizzatore (sulla base delle clausole di trasferimento) ad esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura; cio' anche avuto riguardo all'art. 1705 c.c., comma secondo, che attribuisce al mandante (cui e' da assimilare la figura dell'utilizzatore) la legittimazione ad agire direttamente contro il terzo.

La sentenza n. 10926/98 di questa Corte ha specificato, altresi', che l'adottata soluzione coincide sostanzialmente con la disciplina sul leasing internazionale dettata dalla convenzione fatta ad Ottawa il 28 maggio 1988 (introdotta nell'ordinamento italiano con la legge 14 luglio 1993, n. 259), la quale consente all'utilizzatore di agire nei confronti del fornitore, come se egli fosse stato parte del contratto di fornitura ed il bene gli dovesse essere fornito direttamente, anche quando il bene medesimo non sia conforme al contratto di fornitura.

Riconosciuta, di conseguenza, la legittimazione attiva di Eugenio Fila, nella sua qualita' di utilizzatore del bene concessogli in leasing ad esperire l'azione contrattuale diretta ad ottenere la riduzione del prezzo della macchina roccatrice, deve questo giudice di legittimita' esaminare, secondo la doverosa indagine che occorre compiere d'ufficio, se al giudizio, diretto ad ottenere la riduzione del corrispettivo d'acquisto della macchina fornita alla societa' concedente, detta societa' concedente debba necessariamente partecipare quale litisconsorte necessario.

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte - in considerazione della natura trilaterale del contratto di leasing, in cui l'acquisto ad opera del concedente viene effettuato per conto dell'utilizzatore con la specifica previsione dell'esonero del primo da ogni responsabilita' in ordine alle condizioni del bene - ha gia' ritenuto che deve essere esclusa la possibilita' per l'utilizzatore di agire nei confronti del fornitore senza coinvolgere il concedente quando venga richiesta la risoluzione del contratto e che, pertanto, il concedente stesso e' litisconsorte necessario nel processo promosso dall'utilizzatore nei confronti del fornitore per ottenere la risoluzione del contratto per vizi della cosa, oltre il risarcimento dei danni (Cass., n. 854/2000).

In proposito e' stato osservato che la locazione finanziaria da luogo ad un'operazione giuridica unitaria, nella quale ciascuno dei contraenti, consapevole di concludere un accordo con tutti gli interessati all'affare, assume volontariamente obblighi nei confronti delle altre due parti.

Il fornitore, infatti, si obbliga nei confronti del concedente a trasferirgli la proprieta' e nei confronti dell'utilizzatore a consegnargli il bene e ad offrirgli le garanzie della vendita; il concedente, a sua volta, si obbliga a pagare il prezzo del bene al fornitore e a consentirne il godimento all'utilizzatore; quest'ultimo, infine, si obbliga a rimborsare al concedente il finanziamento ottenuto, con gli interessi e le spese.

In tale situazione di interdipendenza di vincoli obbligatori - nella quale la prestazione del fornitore assume il ruolo di centralita' nell'economia del contratto, in quanto essa serve a soddisfare l'interesse di entrambe le altre parti ed a definire la misura della prestazione da ciascuna parte dovuta, rispettivamente, a titolo di prezzo o di godimento (finalizzato anche all'acquisizione in proprieta') del bene oggetto del leasing - e' stato posto in rilievo che la risoluzione del rapporto, ottenuta autonomamente dall'utilizzatore il quale realizza la restituzione del prezzo ed il risarcimento del danno, pregiudicherebbe la condizione del concedente, il quale, oltre ad essere privato della garanzia rappresentata dalla proprieta' del bene, rischierebbe anche di non ricevere i canoni essendo venuta meno, con la cessazione del godimento del bene, la causa della contrapposta obbligazione dell'utilizzatore di pagare i canoni.

Percio', nella ravvisata inscindibilita' delle relative posizioni delle parti, la citata sentenza n. 854/2000 ha stabilito la necessita' della partecipazione al giudizio di risoluzione anche del concedente, in analogia alla previsione espressa in tema di leasing internazionale in base alla norma dell'art. 10 della legge 14 luglio 1993, n. 259, in precedenza richiamata, secondo cui l'utilizzatore pur potendo agire direttamente nei riguardi del fornitore per l'adempimento del contratto di fornitura (1 comma), non puo' chiederne, tuttavia, la risoluzione senza il consenso del concedente (2 comma).

La ritenuta situazione di litisconsorzio necessario sussiste anche quando l'utilizzatore, pur senza richiedere la risoluzione del contratto di leasing, agisca con altra azione contrattuale nei confronti del fornitore per fare valere, come nella specie, il diritto alla riduzione del prezzo della fornitura: anche in questo caso, infatti, la decisione della causa, per gli effetti che essa inevitabilmente e' destinata a produrre sia nel rapporto tra fornitore e concedente e sia nel rapporto incrociato e logicamente dipendente tra concedente ed utilizzatore, sarebbe data inutiliter senza la partecipazione al giudizio del concedente.

Nella concreta fattispecie il giudizio si e' svolto soltanto tra l'utilizzatore ed il fornitore, senza la partecipazione della societa' concedente, litisconsorte necessario, per cui, dovendosi riscontrare la nullita' (non rilevata dal giudice d'appello) del giudizio di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio in ipotesi ex art. 102 c.p.c., deve questa Corte cassare la sentenza impugnata e quella di primo grado e rinviare la causa al tribunale di Padova, giudice di primo grado ai sensi dell'art. 383 c.p.c., terzo comma.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e quella di primo grado; rinvia la causa al tribunale di Padova, giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 383 c.p.c., terzo comma, compensa per intero le spese del giudizio di Cassazione.